Né dicerie né spifferi di pentiti. Che il boss di Altofonte Nino Gioè volesse collaborare con la giustizia, adesso è ufficiale. Arriva da Reggio Calabria la pista che potrebbe gettare nuova luce sul caso Gioè, ufficialmente morto suicida nella notte fra il 28 e il 29 luglio del ’93, mentre a Roma e Milano esplodevano le bombe piazzate dai clan. Sta negli interrogatori, nuovissimi, che il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ha messo agli atti del processo d’appello ‘Ndrangheta stragista, che in primo grado è costato un ergastolo al boss di Brancaccio, Giuseppe Graviano, e al mammasantissima calabrese, Rocco Santo Filippone, condannati come mandanti degli attentati contro i carabinieri con cui la ’Ndrangheta ha firmato la propria partecipazione agli attentati continentali.
