Dice, davanti ai giudici del tribunale: “Voglio parlare senza condizionamenti”. Ed è un fiume in piena di parole, dettagli, sfoghi. Anche perché per tre anni il suo nome è stato accostato ai misteri del depistaggio: “Scarantino ha sbagliato il mio cognome – dice – il Giampiero di cui parlava non ero io, ma un altro collega, che si presentava col mio nome”. L’ispettore Giampiero Valenti non riesce a trattenere le lacrime: “Io con questa storia non c’entro proprio nulla”. Era stato solo mandato a Imperia, una o due volte non ricorda, per scortare Scarantino. Ora dice, ed è una rivelazione importante: “Mi ordinarono di interrompere la registrazione di Scarantino perché il collaboratore doveva parlare con i magistrati”.
