Massimiliano Salvo “u carruzzeri” sceglie la strada ibrida. Non c’è alcuna collaborazione nel suo percorso, ma ha dichiarato di volersi “dissociare” dal clan Cappello. Figlio di Pippo ‘u carruzzeri, uomo storico della mala catanese, da diversi anni spedisce memoriali e lettere ai giudici dei processi in cui è coinvolto. Lo fece la prima volta nel corso dell’appello dell’inchiesta Penelope, ma quelle dichiarazioni furono etichettate come tardive e mosse solo dalla volontà a ottenere uno sconto di pena. La Corte d’Appello etneo ha invece assolto Salvo, difeso dall’avvocato Giorgio Antoci, ribaltando il verdetto di primo grado, nel processo Camaleonte. Ma non come risposta alla sua palesata volontà di allontanamento dal contesto criminale («Massimilano Salvo ha affermato di volersi dissociare dalla vita condotta fino a quel momento, di non voler fare più parte del clan e di non volere più occuparsi delle vicende ad esso connesse»), ma perché non sarebbe emersa la prova che durante la sua detenzione (cominciata a gennaio 2017) abbia dato un «contributo oggettivamente apprezzabile alla vita e all’organizzazione».
