Aveva iniziato con piccole somme a un tasso del 10%, poi però la quantità di denaro e i tassi erano cresciuti al punto da non riuscire più a pagare i debiti che aveva contratto. L’imprenditore Piero Bene, a quel punto, si rese conto di essere rimasto intrappolato in una «ragnatela», così definita dallo stesso agli inquirenti, dalla quale non sarebbe più riuscito a uscire. Aveva iniziato a prendere tempo, a chiedere altri prestiti e a mentire. E ben presto gli estortori si fecero più pressanti, le richieste divennero minacce, neanche troppo velate: «Non sai con chi ti sei messo». Magistrati e forze di polizia, indagando sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nel tifo organizzato dell’Inter, avevano messo sotto controllo il cellulare di Antonio Bellocco e così erano venuti a conoscenza dei prestiti usurari praticati dall’uomo della cosca di Rosarno-San Ferdinando al piccolo editore sportivo.