Il sistema delle frodi agricole all’Unione Europea sui Nebrodi lo datano addirittura sin dal 2005 allargandolo un po’ in tutta la Sicilia. Ma non gli riconoscono una “regia mafiosa”, piuttosto lo definiscono come un sistema molto generalizzato e a “carattere regionale” di cui hanno approfittato, in parte, anche i gruppi mafiosi tortoriciani («… il quadro nazionale delle domande presentava annualmente numeri eccezionali (tra 500.000 e 700.000 domande, sembra che solo a Messina ne transitassero mediamente 10.000», e a Messina «… gestire in 40 giorni o 50 giorni sette, otto, diecimila domande era molto complicato»). In particolare il gruppo dei Batanesi («il processo dimostra il loro forte ridimensionamento»), mentre l’attività dell’associazione capeggiata da Salvatore Aurelio Faranda, che “lavorava” rispetto ai Batanesi in maniera molto più massiccia e organizzata, non era collegata al gruppo dei Bontempo Scavo e agiva sostanzialmente per proprio conto. E poi i giudici condividono «… i ripetuti e stringenti rilievi critici mossi dalle difese sulla non convincente sovrapposizione che è stata portata avanti, anche con l’appello del Pm, tra i contesti mafiosi nebroidei e il fenomeno delle truffe Agea».
