Era «reale», e sotto gli occhi degli investigatori dell’Arma che li monitoravano ormai da settimane, la droga che trafficava la gang di “Sbarre”, nel quartiere generale allestito tra i ruderi e la boscaglia degli ex rioni “Guarna” e “Caridi”. Mentre gli indagati spacciavano a cielo aperto, dosi a buon mercato di cocaina e marijuana, i segugi dell’Arma accumulavano montagne di prove. Filmati, appostamenti, pedinamenti e le fatali intercettazioni. Le “cimici” nelle auto e nei cellulari di capi e gregari hanno smascherato tutto: traffici, affari e singole responsabilità. La capacità organizzativa del gruppo è inevidenza nei motivi della sentenza emessa dal Gup (18 condanne e 2 assoluzioni): «Il sodalizio aveva collocato la propria centrale di spaccio nella zona denominata come “Rione Guarna – Chiesa Ortodossa – Rione Caridi”, ricompresa tra la via Sbarre Centrali e il viale Calabria. Sul luogo era sempre presente un soggetto che fungeva da punto di riferimento, svolgendo una funzione di raccordo tra i vari soggetti o sostituendo eventuali assenti.
