«Quando ho visto che qualcuno stava aprendo lo sportello dell’auto ormai crivellata di colpi ho pensato che sarei morto davvero. Poi mi è apparso il volto del vicequestore e l’ho abbracciato con tutta la mia forza. So chi mi vuole morto e pensavo che questa volta l’avrebbe avuta vinta». Giuseppe Antoci è seduto nel suo divano in una tranquilla villetta sui pendii che salgono verso i Nebrodi e non dorme da quasi ventiquattro ore filate. Guarda la moglie Teresa che cerca di farlo mangiare e piange. Guarda le tre giovani figlie e piange. «Ho paura per loro».
