Due davano fastidio a Cosa nostra barcellonese, uno realizzava da esterno estorsioni a chi pagava la protezione e si poi lamentava, l’altro compiva furti per pagarsi la droga, poi quando era ubriaco parlava assai e minacciava di “buttarsi pentito”. Per la terza esecuzione c’era un boss sanguinario e violento che voleva ucciderne un altro e poi pretendeva di allargarsi ben oltre Terme Vigliatore. Storie di mafia massima e minima a Barcellona Pozzo di Gotto, tra “pulizia etnica” per pesci piccoli e “aggiustamenti” importanti per togliere di mezzo pezzi da novanta divenuti troppo ingombranti. C’è anche questo nel processo “Nemesi”, che ha registrato la richiesta di tre ergastoli da parte dell’accusa per il boss barcellonese Giovanni Rao, il padre-padrone della ditta Cep, per l’ex agente penitenziario Sebastiano Puliafito, poi reinventatosi come imprenditore edile, e infine per il killer Antonino Calderone “Caiella”.
