I soldi del Covid utilizzati «per il mantenimento dei detenuti in carcere e al pagamento degli stipendi per i membri del clan». La filiera illecita scoperchiata ieri dalla Squadra Mobile con il blitz Lockdown a un certo punto si interseca con un nome di “sangue” della famiglia catanese di Cosa nostra, Gabriele Santapaola. Gli investigatori, coordinati dal pm Andrea Bonomo, nel 2021 stavano scavando sugli affari dei Santangelo-Taccuni di Adrano quando inciampano in qualcosa che li conduce ad aprire un filone ad hoc su un possibile gruppo organizzato finalizzato a reperire fondi di finanziamento senza averne i requisiti al fine di truffare lo Stato e arricchirsi. Giovedì gli arresti e i sequestri per equivalente per oltre 300mila euro. Una girandola che porta i poliziotti a concentrare le attenzioni su Andrea Pappalardo, direttore generale di Co.Fi.San (a cui i poliziotti hanno congelato anche somme di denaro e parecchi orologi Rolex) e Alessandro Mirabella, capo area di Unicredit (istituto di credito che poi apre un’inchiesta interna sulle pratiche “irregolari”), che sarebbero le “menti” dell’organizzazione criminale. In uno dei telefonini è iniettato un trojan che permette a chi indaga di avere un quadro completo del sistema di truffa. Una volta individuate le “teste di legno” si preparava la documentazione «agevolata visto il periodo emergenziale» e poi si presentava la pratica.
