«Francesco Grande Aracri tirava i fili, era la mente che gestiva e organizzava tutto, ma lo faceva in penombra». E ancora: «A Brescello Francesco e i suoi figli comandavano come noi comandavamo a Cutro e in più riuscivano anche a investire. Perché il problema della ‘ndrangheta non è fare soldi, di quelli ne ha a palate, ma poi investirli». Così ha parlato il collaboratore di giustizia Angelo Salvatore Cortese. Ieri, il pentito cutrese 57enne ha testimoniato davanti al Tribunale di Reggio Emilia nell’ambito del processo scaturito dall’inchiesta “Grimilde” con la quale, il 25 giugno 2019, la Dda di Bologna ha inferto dopo “Aemilia” un altro colpo alla presunta costola emiliana della cosca Grande Aracri, autonoma ma pur sempre legata alla casa madre di Cutro.
