Autonomi ma in affari i due gruppi di pusher incastrati con la retata “Sbarre”. Uno con quartiere generale tra i ruderi e le sterpaglie degli ex rioni popolari “Guarna” e “Caridi”; l’altro a ridosso del più ampio perimetro del viale Calabria. Operavano vicini ma tutt’altro che concorrenti, seppure gestori di due piazze dello spaccio della cintura urbana sud. Nelle motivazioni della sentenza il Gup, che ha inflitto ben 18 condanne a capi e complici delle due gang sotto accusa, ha ricostruito come gli investigatori dell’Arma abbiano individuato il raggio d’azione e le location di scambio con i clienti tossicodipendenti: «Anche con riguardo a questo secondo gruppo criminale è stato delimitato il territorio sul quale lo stesso operava, ricompreso tra la via Sbarre Centrali e il viale Calabria. All’interno di detta area sono stati individuati alcuni luoghi, convenzionalmente indicati come “il parco”, “il muretto”, “il palo”, che costituiscono il punto di ritrovo o il luogo di occultamento della sostanza stupefacente o delle somme di denaro ricavate dallo spaccio».
