La legge del racket anche in centro: «Pagavano uno e valeva per tutti»

Pizzo, racket ed estorsioni anche sul Corso Garibaldi, nel cuore della città. Un dazio inevitabile per chi apriva un cantiere, allestiva un “ponte” per rifare la facciata di un palazzo, o si fosse aggiudicato l’appalto per la manutenzione di strade o illuminazione pubblica. Era la legge del racket, da sempre piaga sociale di Reggio e specialità criminale delle cosche di ’ndrangheta. L’indagine “Nuovo Corso” è uno dei tre filoni processuali di “Epicentro”. Nella voluminosa memoria depositata in Corte d’Appello dalla Procura generale – il documento è a firma del procuratore aggiunto Walter Ignazitto, dai sostituti antimafia Giovanni Calamita e Francesco Tedesco e dal procuratore generale Gerardo Dominijanni – si approfondiscono, rafforzandone i contenuti, i tanti temi d’accusa: «Il Gup – con la sentenza oggi impugnata – ha sostanzialmente aderito all’impostazione accusatoria, ripercorrendo i relativi fatti.