Tutto è successo in un bosco del nord ovest ricco d’Italia, ma il clima è sudamericano, anzi colombiano, e anche gomorriano, intendendo quella zona senza confine apparente — una terra di nessuno, ma gigantesca e sovranazionale — dove la droga è padrona, e per quello si vive e si muore. E perciò è morto un qualunque spacciatore con manie di grandezza, uno che in fondo voleva solo mettersi in proprio, insinuandosi nella logica enorme dei cartelli che si spartiscono il mondo, e anche l’Italia. Un cittadino marocchino di 24 anni, futuro imprenditore dello spaccio, peccato per lui l’aver calcolato male i tempi e i modi, l’aver sfidato ingenuamente i veri padroni dell’area in cui voleva regnare, con la sua arroganza da giovane, i tatuaggi e altri miseri oggetti poi trovati sul cadavere.
