Palermiti e lo stalking mafioso: così la Dda ha incastrato il boss

«Palermiti in persona fermò mia moglie dicendo: “Per colpa di tuo marito, Gianni rischia l’ergastolo”». Era la fine del 2021, Domenico Lavermicocca aveva svelato particolari sull’omicidio di Walter Rafaschieri — avvenuto nel 2018 —e il clan di Japigia voleva fargliela pagare. Lo chiamavano « infamone » e tormentavano i suoi familiari, per costringerli a lasciare il quartiere. Come poi è accaduto. Ma proprio la paura ha spinto Lavermicocca a collaborare con la giustizia e lo stesso hanno fatto Gianfranco Catalano e Agostino Capriati, anch’essi fiancheggiatori dei killer di Rafaschieri. Tutti hanno lasciato prima il quartiere e poi Bari, ma soltanto dopo aver raccontato fatti e nomi, comprese le pressioni ricevute dal capoclan Eugenio Palermiti, che il 12 febbraio è finito in carcere per quei fatti e per la gambizzazione di Teodoro Greco nel 2013. Il 70enne detto “U nunn” è accusato di stalking nei confronti di pentiti, nell’ambito di un’originale interpretazione del reato di atti persecutori (o stalking mafioso) che ha consentito alla Dda di attualizzare le esigenze cautelari riferite a un fatto di 11 anni fa e di ottenere dal giudice l’arresto.