C’era «una precisa cultura mafiosa radicata nell’animo dei protagonisti», una cultura mafiosa «di cui trasudano le intercettazioni telefoniche ed ambientali».
E c’era «il prestigio e il potere criminale» del clan Santapaola-Ercolano anche a Messina, una «“fama” criminale» che «non abbisogna di azioni dimostrative di sangue né di violenza in genere, alle quali pur tuttavia il gruppo si è dimostrato in grado di ricorrere in casi di necessità». Ma non era solo mafia quella decrittata nella sentenza di primo grado del 22 dicembre scorso per i riti ordinari del maxiprocesso “Beta” sul dominio trentennale a Messina della cupola mafiosa dei Romeo-Santapaola.
