Sboto e quelle mani mozzate.

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Nino Sboto aveva appena 21 anni quando gli dissero che c’era un trasloco in ballo per farlo uscire di casa. Faceva piccoli furti per i fatti propri, insomma s’arrangiava, non era affatto organico a Cosa nostra. Forse avrebbe imparato un giorno a vivere onestamente nonostante il contesto. Lo trascinarono in un torrente, l’Idria, nella notte fra il 3 e 4 maggio del 1999. Uno scenario desertico e cupo. Il suo è uno dei nomi che gonfiano di sangue le motivazioni della sentenza d’appello del maxiprocesso Gotha 6, depositate di recente e scritte dal presidente della Corte d’assise d’appello Maria Pina Lazzara. È l’esecuzione più feroce dalla triste cesta giudiziaria degli omicidi contati in questo procedimento dal 1993 al 2012, decisi dalla cupola di Cosa nostra barcellonese.