Mafia, il pentito è morto e l’accusa cade: “Doveva essere sentito in contraddittorio”.

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Le dichiarazioni di un pentito morto a causa di una grave malattia sono inutilizzabili, perché proprio la gravità del male avrebbe dovuto spingere il pubblico ministero a sentirlo in contraddittorio con le persone accusate, prima del possibile decesso. E’ questo il principio applicato dalla quarta sezione della corte d’appello di Palermo, che ha accolto le tesi difensive di Calogero Giambalvo, ex consigliere comunale di Castelvetrano, accusato di collusioni con il superlatitante Matteo Messina Denaro.