I favori per aziende e imprenditori del porto di Genova, in cambio di finanziamenti per le campagne elettorali di Giovanni Toti e dei partiti alleati. Ma anche promesse di posti di lavoro e di case popolari, in cambio di voti delle famiglie siciliane e calabresi radicate in Liguria. Non mancano gli intrecci con Cosa Nostra, con i referenti a Genova della famiglia Cammarata di Riesi. In mezzo, la gestione degli affari in porto fra notti in suite e giocate al casinò, borse Chanel e ori Cartier. È il verminaio di quello che i magistrati definiscono non un modo “lecito” per finanziare i partiti, ma “il sistema Toti”, fatto di tangenti, ben oliato e consolidato, scoperchiato dall’inchiesta delle Procure di Genova e di La Spezia in oltre due anni di indagini affidate al Nucleo di polizia giudiziaria della Guardia di finanza. Un maremoto con dieci misure cautelari e 25 indagati.
