Le pressioni che l’allora compagna di Emanuele Mancuso, Nensy Vera Chimirri, avrebbe messo in atto nei confronti del collaboratore di giustizia, paventando la possibilità di non fargli vedere la figlia minore, per indurlo a smettere di rendere dichiarazioni all’autorità giudiziaria, non sarebbero state animate da spirito familiare ma dallo scopo di «tutelare la compagine mafiosa e garantirne la sopravvivenza». Per questo la Cassazione ha, tra le altre cose, dichiarato inammissibile il ricorso della difesa della donna confermando l’aggravante mafiosa in relazione all’accusa contestatale. Lo si legge nelle motivazioni per cui è stata annullata con rinvio la sentenza di secondo grado emessa nei confronti di Chimirri e di Francesco Paolo Pugliese, accusato di reati di armi e di favoreggiamento della latitanza di Giuseppe Salvatore Mancuso, fratello del collaboratore.
