Attilio Manca, un caso da riaprire

Per riaprire le indagini sulla morte di Attilio Manca sarebbe, forse, sufficiente rileggere le 136 pagine della relazione approvata, a settembre scorso, dalla commissione parlamentare antimafia. Parole dirette e crude, illuminanti e dolorose se si pensa che giungono diciotto anni dopo quella morte, poco più di quattro anni dopo l’ennesima archiviazione: «Appare incongruo giungere ad una conclusione diversa da quella secondo cui Attilio Manca sia stato ucciso, unica ipotesi ragionevole e priva di contraddizioni». Basterebbe ripartire da qui, ma finora non è bastato. Per la giustizia italiana continua a rimanere in piedi la pista del suicidio, della morte per overdose da eroina. E così tocca alla famiglia di Attilio e all’avvocato che da sempre la rappresenta, Fabio Repici, tornare alla carica e chiedere ufficialmente, con una corposa e «circostanziata» denuncia depositata la settimana scorsa alla procura distrettuale antimafia di Roma (e inviata anche alla Direzione nazionale antimafia), la riapertura delle indagini.