Bardellino, il boss che visse due volte. “Non fu ucciso, scappò all’estero”

Santo Domingo, le 19.19 del 2 novembre 2014. Un italiano che vive da anni nella località caraibica parla al telefono con lo zio che chiama dal Basso Lazio. Sono intercettati e, proprio alla fine della conversazione, gli investigatori in ascolto saltano dalla sedia: «Saluta papà », dice lo zio al nipote. Eppure il padre del ragazzo è stato assassinato nel maggio 1988 a Buzios, in Brasile, Stato di Rio de Janeiro, il cadavere sepolto sotto la sabbia della spiaggia di Copacabana: i due che stanno parlando, infatti, sono Silvio Bardellino e Gustavo De Vita, rispettivamente fratello e figlio naturale di Antonio Bardellino, lo storico capoclan della camorra casertana, legato a Cosa nostra, sparito nel nulla ormai da 35 anni. Per il collaboratore di giustizia del clan dei Casalesi Carmine Schiavone e in base alla sentenza del maxi processo “Spartacus”, Bardellino è stato ucciso. Ma questa intercettazione e altri elementi alimentano «possibili dubbi in ordine alla effettiva eliminazione» del boss, come scrivono i magistrati nel decreto di perquisizione eseguito martedì dalla Dia nei confronti di 28 persone.