Erano i suoi fedelissimi. Grazie a loro Matteo Messina Denaro è riuscito a restare libero per anni, a vivere quasi indisturbato nonostante lo cercassero le forze dell’ordine di tutto il Paese, a continuare a esercitare il suo ruolo di capo, a fare affari. Arrestati dopo la cattura del padrino e processati, gli uomini e le donne del boss cominciano a fare i conti con la giustizia. E sono conti pesanti. Il gup ha condannato a 14 anni Andrea Bonafede, l’alter ego di Messina Denaro, il geometra che ha prestato l’identità all’allora latitante consentendogli di curarsi, di comprare l’appartamento in cui ha vissuto per anni, di acquistare l’auto con la quale si spostava. Per il gup, che ha accolto le richieste dei pm Piero Padova e Gianluca De Leo, molto più di un semplice favoreggiatore. A Bonafede, infatti, è stata contestata l’associazione mafiosa. Stessa accusa per l’amante storica del capomafia, la maestra Laura Bonafede che ancora attende la sentenza, ma per la quale la Procura ha chiesto, sempre ieri, 15 anni di galera.
