«Ho capito che stavo coprendo un cadavere»

«Ho capito che avevano ammazzato qualcuno e io stavo coprendo un cadavere». Oppure: «Quelli erano tempi brutti. Non potevo dire no a certe richieste, perché rischiavo di essere ucciso io». E ancora: «Non ho denunziato di avere sotterrato, quella notte, un cadavere, perché mi avrebbero ucciso». Dopo la clamorosa dissociazione del boss barcellonese Salvatore “Sem” Di Salvo l’ultima inchiesta sulla Cosa nostra barcellonese della Procura di Messina retta da Antonio D’Amato riserva un’altra clamorosa novità. Seguendo quello che inquirenti e investigatori hanno da sempre considerato il suo “capo” a Barcellona, anche l’imprenditore originario di Merì Carmelo Mastroeni, indagato in questa inchiesta e accusato dai collaboratori di giustizia di aver partecipato alla “lupara bianca” che portò alla morte di Giuseppe Italiano nel febbraio del 1993 a Barcellona, ha chiesto nei giorni scorsi di essere ascoltato dai magistrati della Distrettuale antimafia.