Il malaffare e l’ombra del padrino Castelvetrano, la capitale del nero.

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Il paese ombelico di tutto sconta la maledizione delle elezioni. Perché nella terra del più pericoloso dei latitanti, Matteo Messina Denaro, il voto per la scelta del sindaco è una specie di tabù: ne sa qualcosa Luciano Perricone, finito ai domiciliari ieri nell’inchiesta sulla superloggia durante una corsa già lanciata per la guida del Comune, visto che due anni fa, quando il commissariamento irruppe sulla campagna elettorale annullandola, fra gli aspiranti sindaci c’era già lui. È una
costante, da qualche anno a questa parte, anche se stavolta la mafia non c’entra: perché a Castelvetrano tutto si intreccia, e all’ombra del più longevo dei latitanti —
e anche a prescindere da lui — la vigilia del voto è sempre carica di tensioni e di proposte di rinvio.