«Quella è casa nostra». Sul porto, o meglio sulla fetta ricadente nel “suo” territorio, non accetta discussioni Antonino Pesce detto “pizzolino”: lui, accusato dalla Dda di «curare la gestione delle attività illecite della consorteria, con particolare riferimento alle sostanze stupefacenti e alle estorsioni», sarebbe il delegato anche alle relazioni con le altre consorterie, cioè «definire le alleanze e rispettive competenze in merito al predominio mafioso del territorio e alla suddivisione dei proventi illeciti». E proprio dei rapporti con Molè e Piromalli parla un po’ risentito, intercettato, nel 2017. Al suo interlocutore Pesce scatta una “fotografia” che gli inquirenti ritengono emblematica degli interessi delle cosche sul porto di Gioia Tauro.
