I processi non si fanno con «un approccio storiografico» ma rimanendo aderenti «ai fatti oggetto di imputazione» e nel «rigoroso rispetto» della Costituzione e del codice di rito. Con queste motivazioni la Cassazione – nel verdetto 45505 di circa un centinaio di pagine, depositato ieri dalla Sesta sezione penale e relativo all’udienza svoltasi lo scorso 27 aprile – spiega perché ha definitivamente assolto, con la formula più ampia del “non aver commesso il fatto”, gli ex investigatori del Ros (Mario Mori, Antonio Subranni, Giuseppe De Donno), e ha confermato il proscioglimento dell’ex parlamentare Marcello Dell’Utri e riconosciuto la prescrizione del tentativo di minaccia ai governi Amato e Ciampi per il capomafia Leoluca Bagarella e per il medico mafioso Antonino Cinà, ritenuto vicino a Totò Riina.
