L’obiettivo è togliere dal mercato le aziende gestite dalla criminalità organizzata e garantire, se possibile, i posti di lavoro. La prima parte dell’operazione è più semplice, la seconda assai più complicata. Mentre negli ultimi decenni, infatti, è cresciuta in maniera esponenziale l’aggressione ai patrimoni illeciti di boss e picciotti da parte delle Procure antimafia di Reggio Calabria e Catanzaro, dall’altra si assiste al fallimento di un gran numero di aziende che quei patrimoni illeciti avevano contribuito a fare prosperare con metodi, diciamo, poco ortodossi: inquinamento del libero mercato, concorrenza sleale, solo per citarne alcuni. Il compito dello Stato, quindi, è in prima istanza la repressione, ma il mancato compimento della seconda parte dell’equazione può lasciare aperte delle ferite che difficilmente si rimargineranno, in contesti economici già molto provati, come quello calabrese.