Le mani del clan Mannolo sui villaggi. La tesi dell’accusa regge anche in appello

Quattro condanne confermate, tra cui quella a 30 anni di carcere inflitta in primo grado al presunto boss Alfonso Mannolo e l’altra a 19 anni di reclusione che sono stati comminati al figlio Remo. E poi, dieci pene ridotte rispetto a quelle inflitte il 24 maggio 2022 dal Tribunale di Crotone e quattro patteggiamenti. Così ha deciso ieri la prima sezione penale della Corte d’Appello di Catanzaro al termine del processo di secondo grado a carico di 18 imputati scaturito dalle inchieste unificate Malapianta-Infectio coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro contro la cosca Mannolo-Zoffreo-Trapasso-Falcone di San Leonardo di Cutro. Il collegio giudicante presieduto da Giancarlo Bianchiha quindi mantenuto pressoché intatto il quadro accusatorio ipotizzato dai pubblici ministeri con le operazioni messe a segno da Guardia di finanza di Crotone (Malapianta) e Polizia di Stato (Infectio) tra maggio e dicembre 2019 lungo l’asse San Leonardo di Cutro-Umbria.