Le mani del clan sugli affari in città: sotto sequestro beni per 12 milioni

«I Palermiti ci hanno sempre il prestanome, vicino a loro non mettono niente»: era questa la strategia finanziaria dei clan di Japigia (Palermiti, ma anche Parisi), semplice ma fruttuosa, che si concretizzava incrociando la necessità di riciclare ingenti quantità di denaro frutto di attività illecite con l’ansia di lavoro delle persone del quartiere, che non si facevano scrupoli a trasformarsi in prestanome pur di portare a casa uno stipendio a fine mese. A spiegare questo mix tra capacità di investimento e creazione del consenso sociale è stato ancora una volta il collaboratore di giustizia Domenico Milella, ex braccio destro di Eugenio Palermiti, che del boss raccontava: «Sa lui a chi deve intestare… Dice c’è questa cosa, tu vuoi lavorare? E quello, che sta senza lavoro, dice si». Non è un caso che anche insospettabili siano finiti al centro delle indagini della Squadra mobile che il 26 febbraio hanno portato all’esecuzione di 130 misure cautelari e ieri di due decreti di sequestro per beni del valore complessivo di 12 milioni.