Mistero via D’Amelio. “Il depistaggio opera di poliziotti e 007”

Le gabbie che un tempo ospitarono i boss delle stragi sono vuote. Ora, nell’aula bunker, gli imputati sono tre uomini dello Stato, tre ex poliziotti del gruppo d’indagine sugli attentati a Falcone e Borsellino, tre fedelissimi dell’allora capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera, sotto processo per un’accusa infamante: aver creato ad arte il falso pentito Vincenzo Scarantino. L’ex ispettore Fabrizio Mattei è seduto in prima fila davanti al collegio della corte d’appello presieduto da Giovanbattista Tona, ma quasi si nasconde dietro a un giaccone, piegato com’è a scrivere sul bancone. In primo grado, l’accusa di calunnia aggravata è stata spazzata via dalla prescrizione, stesso destino dell’ex dirigente Mario Bò, che non è in aula. Non c’è neanche l’ex ispettore Michele Ribaudo, che è stato assolto dal tribunale. «Sono state fin troppe le anomalie nelle indagini sulla strage Borsellino», esordisce il pubblico ministero Maurizio Bonaccorso, applicato in appello. Accanto a lui ci sono il procuratore generale di Caltanissetta Fabio D’Anna e il sostituto Gaetano Bono. È l’inizio della requisitoria, e si capisce subito che sotto accusa non ci sono soltanto i tre imputati.