«Non ho pagato il pizzo alla mafia».

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Quella notte dell’incendio Francesco Salamone quasi s’inginocchiò disperato davanti alla grande nave, la “Eolo d’Oro”, che bruciava irrimediabilmente davanti ai suoi occhi in un cantiere di Giammoro. Il continuo crepitìo delle fiamme gli spezzava l’anima. Erano i primi di dicembre del 2014, e la mafia barcellonese gli aveva presentato il conto con duecento litri di benzina, perché aveva coraggiosamente detto “no” alle richieste di pizzo. Quella notte la vita sembrava per sempre sospesa, bruciata come le doghe di legno della sua creatura, con cui si guadagnava onestamente da vivere facendo la spola tra Milazzo e le Eolie, per portare in giro i turisti. E invece il suo coraggio, la sua perseveranza, lo hanno portato oggi a poter dire di aver ripreso in mano l’esistenza. La sua storia è emblematica. Ha denunciato tutto, lo Stato e l’antiracket hanno fatto la loro parte, gli sono stati concessi i finanziamenti di ristoro ed è tornato ad essere imprenditore. A testa alta. E la mafia ha perso ancora una volta.