«Quando siamo stati là gli ho detto… Vi ringrazio… Vi ringrazio dell’onore che mi avete dato». A parlare, intercettato, è Antonio Carzo che racconta il momento dello “svolta”, quello in cui sarebbe stato autorizzato a costituire una locale a Roma con il benestare della “casa madre” in Calabria. È la cosiddetta “propaggine” al centro della doppia inchiesta delle Dda di Reggio e Roma sfociata martedì in 77 arresti, di cui 34 nella provincia reggina, per colpire la ‘ndrina Alvaro di Sinopoli e Cosoleto. Al vertice capitolino sarebbero stati proprio Antonio Carzo, figlio di Domenico detto “scarpacotta”, e Vincenzo Alvaro, figlio di Nicola detto “u beccausu”.
