Non ci sono dubbi, ha spiegato Gian Carlo Caselli davanti alla Commissione parlamentare antimafia: Paolo Borsellino era considerato da Cosa Nostra un nemico troppo pericoloso per essere lasciato in vita. La sua eliminazione, dunque, non fu un passo improvvisato, ma una decisione maturata con urgenza, tanto da spingere Totò Riina a cambiare i piani e ordinare a Giovanni Brusca di sospendere l’attentato contro l’ex ministro Mannino per concentrare tutte le energie sull’uccisione del magistrato. Caselli ha chiarito che non si può attribuire al dossier “mafia-appalti” la causa diretta di questa accelerazione. Certo, Borsellino aveva mostrato interesse per quel rapporto, ricevuto a Marsala, ma non lo aveva posto al centro delle sue indagini. Eppure resta un mistero: quel documento non compare tra gli atti repertati dopo la sua morte, un’assenza che continua a sollevare interrogativi.
