Si erano presi Roma. Le sue strade e il Campidoglio. Ne avevano ridotto un sindaco, Gianni Alemanno, a utile pupazzo, né il cambio di maggioranze li aveva sorpresi, perché — dicevano — di “nove cavalli” (gli assessori) della giunta Marino, «sei sono nostri». E se l’erano presa perché Lui, Massimo Carminati, er Cecato, er Guercio, l’ex camerata dei “Nar” figlio ed epigono della Banda della Magliana, protagonista della coda di sangue del novecento “deviato” (omicidio Pecorelli, strage di Bologna), che di Roma era diventato Re e Padrone, di Roma aveva compreso meglio di chiunque altro l’anima.
