Clan La Rosa, anche dal carcere i boss dirigevano il racket delle estorsioni

Neanche il carcere era servito a spezzare i legami tra i boss detenuti e gli affiliati ancora a piede a libero. Da dietro le sbarre dei penitenziari italiani il clan La Rosa continuava a imporre il “pizzo” a commercianti e imprenditori di Tropea. È quanto emerge dall’inchiesta “Call me”, condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalla Dda di Catanzaro, che ha portato all’arresto di dieci persone. L’attività investigativa ha fatto emergere la capacità della cosca introdurre nelle carceri cellulari, smartphone e altri dispositivi radiomobili, di sfruttare persino connessioni wifi e di fare fino a 2000 telefonate a settimana. Un «quadro allarmante», lo ha definito il procuratore Salvatore Curcio. I dispositivi mobili fatti arrivare in carcere erano in gran parte intestati a extracomunitari.