Una carriera criminale tra attentati e delitti feroci

La carriera criminale di Giovanni Brusca, oggi 68 anni, non a caso conosciuto come “scannacristiani” e come fedelissimo di Totò Riina, è disseminata di attentati, stragi e delitti feroci. È stato proprio lui ad azionare il telecomando che ha innescato l’esplosivo usato per la strage di Capaci nella quale morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta. Ma tra i 150 omicidi più crudeli confessati dal boss di San Giuseppe Jato, c’è anche l’uccisione di Giuseppe Di Matteo. Il piccolo aveva solo 13 anni: per indurre il padre Santo a ritrattare le dichiarazioni fatte agli investigatori e agli inquirenti come collaboratore di giustizia, il ragazzino era stato portato via il 23 novembre 1993 da uomini travestiti da agenti della Dia. Fu tenuto in ostaggio e nascosto in vari covi, fino all’11 gennaio 1996 quando venne prima strangolato e poi sciolto nell’acido nell’ultima prigione, quella nelle campagne di San Giuseppe Jato. Santino Di Matteo era, tra tutti, il depositario dei segreti più ingombranti della cosca.