Bonura e gli altri. I cinque uomini d’oro di Cosa nostra

Guardava avanti Ninni Cassarà, il capo della sezione Investigativa della squadra mobile, in quella Palermo terribile di inizio anni Ottanta: «La potenza dell’organizzazione mafiosa in questa città non dipende solo dal numero e dalla qualità degli associati — scriveva nel rapporto che costituì la base del maxiprocesso — ma soprattutto dalle ramificate commistioni che essa è riuscita a realizzare con il tessuto sociale ed economico fondendosi con esso e conseguendo, sulla base di un tale “orrido innesto”, la disponibilità di una vasta e indefinibile zona grigia». Parole di grande attualità. L’orrido innesto è il segreto che Palermo continua a custodire. È la combinazione per aprire la cassaforte dei patrimoni di mafia ancora non sequestrati. La lezione del giudice Falcone era «segui i soldi», oggi si potrebbe aggiungere: segui i complici. Nella Palermo ufficialmente ormai non più una città terribile (ma sarà davvero così?) sono gli insospettabili a costituire il vero ingranaggio delle ricchezze di una Cosa nostra che cerca di essere sempre più invisibile. Insospettabili prestanome e gestori di patrimoni.