Estorsioni e tentativi di imporre il pizzo. In carcere cinque “figli d’arte” dei clan

«Voi fate i cocktail, almeno due volte l’anno, d’estate e a Natale qualcosa la dovete dare…». Così – lo scorso agosto – il 41enne Giuseppe Ciampà, nipote del boss Antonio Dragone, ucciso in un agguato del 2004, si sarebbe rivolto ad un ristoratore di Cutro per chiedergli di pagare il “pizzo”. «Il pensiero» lo definiva il 41enne, che era tornato in libertà dopo 22 anni di reclusione scontati per l’omicidio di Salvatore Blasco. Ma ieri, Ciampà è stato arrestato con altre quattro persone nell’ambito dell’inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro che ha smantellato un ipotizzato giro di estorsione ai danni di commercianti e imprenditori di Cutro che sarebbe avvenuto all’ombra del clan Ciampà-Martino.