I tesori spariti dei boss. Affari per 200 miliardi confiscati solo spiccioli

Nel covo di Matteo Messina Denaro hanno trovato scontrini per cene da 700 euro in ristoranti di lusso, ma di denaro contante solo pochi spiccioli e nessuna traccia di conti intestati a terzi ma a lui riferibili. Dove sono i soldi del superlatitante che ha inguaiato decine di imprenditori nei più svariati settori, che hanno subito solo per lui confische e sequestri per quasi 4 miliardi di euro? E dove si trovano i tesori dei tanti boss arrestati dalla Sicilia alla Lombardia, da Bernardo Provenzano e Totò Riina ai capi delle famiglie Piromalli e Mancuso in Calabria passando per gli Schiavone e gli Amato-Pag Campania? A queste domande decenni di indagini di fatto non hanno saputo dare una risposta. Perché se è vero che prendendo a riferimento solo gli ultimi cinque anni la criminalità organizzata ha fatturato almeno 200 miliardi di euro, secondo le stime di uno studio della Banca d’Italia, e se è anche vero che secondo altri centri di ricerca, come l’Eurispes, si potrebbe quintuplicare questa cifra (arrivando a mille miliardi nello stesso arco di tempo), la certezza è solo una: appena una piccola parte è stata confiscata e sequestrata anche dopo gli arresti dei capimafia.