Il palazzo dei clan diventa tabula rasa

Poco più di 3 secondi. Tanto ci ha impiegato palazzo Mangeruca a collassare, abbattuto da 400 kg di dinamite piazzati così bene da far finire sulla vicinissima statale 106 jonica praticamente solo un cumulo di polvere. Tre secondi per liberare la linea dell’orizzonte da quell’ingombrante palazzone tirato su negli anni ’80, 6mila metri quadri distribuiti su sei piani che lì, in mezzo ai vigneti a due passi dal mare, non avrebbero neppure dovuto essere costruiti. Figurarsi dalla ’ndrangheta. Sono le 13.19 quando, dopo tre suoni di corno, l’esplosione mette fine ad una storia lunghissima fatta di abusi edilizi e di condoni parziali, di improvvise fortune economiche e di legami con la ’ndrangheta, di ben 14 anni intercorsi tra la confisca e l’abbattimento. Il vecchio mobilificio, usato nel tempo persino come punto di affissione per i manifesti elettorali di svariate consultazioni, finalmente non c’è più. E viene giù tra gli applausi.