La linea difensiva dopo la dura spallata dei carabinieri e della Dda segue una strada comune. Praticamente tutti gli indagati dell’operazione “Cesare” finora interrogati hanno provato ad alleggerire le rispettive posizioni. C’è chi si è professato innocente, chi ha riferito di essere semplicemente «un gran lavoratore», chi di avere «una passione innata per i cavalli» e niente più. Eppure, il castello accusatorio costruito da inquirenti e investigatori si fonda su illeciti gravissimi: prima di tutto, la presenza sul territorio di Giostra di un’associazione a delinquere di stampo mafioso.