La pace imposta dal boss: «Siamo amici»

«“Ti ricordi quel ragazzo di ieri sera?”. “Certo”. “Gli hanno fatto il falò stanotte”. Veramente… e come mai?”. “Invidia”». Potrebbe essere una conversazione qualsiasi quella appena riportata e, invece, è uno dei tanti scambi di sms tra Francesco Benito Pelaia e il cognato Umberto Bellocco cl. ’83, direttamente dal carcere di Lanciano dove quest’ultimo era detenuto. Si tratta di un “pronto avviso” al boss ristretto su quanto accaduto ai danni del fedele sodale Rocco Stilo, al quale era stata incendiata l’autovettura, al culmine di una questione personale sfociata in una prova di forza fra i due rami della cosca riconducibili a Giuseppe Bellocco, padre di Umberto, e Mario Bellocco, padre di Domenico, che aveva autorizzato il danneggiamento perpetrato da William Gregorio, Rocco Restuccia, Antonio Barrese e Giuseppe Gallo. Umberto mostrava di essere particolarmente risentito della questione e lasciava il cognato dicendogli che per i dettagli si sarebbero risentiti dopo, magari approfittando di un momento più tranquillo all’interno del penitenziario.