«Vedi che questo mese non ne pagò, cumpa’… Voglio vedere se qualcun altro ha uscito un euro». I boss avevano un controllo capillare su ogni servizio funebre all’ospedale di Villa Sofia. La famiglia mafiosa di Resuttana non permetteva ad alcun impresario del caro estinto di lavorare nella camera ardente di via Croce Rossa senza prima pagare il pizzo. Bastava anche un solo servizio funebre non gestito dalle imprese taglieggiate a far scattare l’allarme nella famiglia mafiosa. «Lo conosci questo… questo che c’è a Villa Sofia? » , chiede Sergio Giannusa a Carlo Pesco e al figlio Giuseppe, titolari di un’impresa che produce cofani funebri. Giannusa è il braccio destro di Salvo Genova, scarcerato eccellente di nuovo a capo del mandamento di Resuttana. Durante la sua detenzione ha retto il clan. Genova lo ha delegato a gestire il business delle pompe funebri. L’ordine è chiaro: tutti devono pagare, tutti devono presentarsi alla famiglia.
