Le mani delle cosche sull’onorata sanità.

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«A Locri l’azienda sanitaria ha continuato a versare lo stipendio a un dipendente che non prestava servizio perché detenuto». Bastano due righe nascoste dentro un documento per capire come siamo arrivati allo sfascio, alla bancarotta della Calabria. Nel 2006, una commissione timbrò quello che tutti sapevano: studi medici, centri di ricerca cardiovascolare, laboratori di analisi erano di proprietà diretta o via prestanome delle famiglie storiche di ‘ndrangheta della jonica, i Nirta, gli Ursino, i Morabito. E i figli dei boss erano diventati medici, specialisti, dentisti nelle strutture pubbliche. Promossi senza incarico, premiati per paura.