Tanti anni fa, era il 2011, il tenente Carmelo Canale raccontò: «Dopo la strage Falcone, Paolo Borsellino mi disse che voleva arrestare il procuratore Giammanco». Non sa il motivo, ma di certo quelli erano giorni convulsi. «Una settimana prima che lo uccidessero, lo vidi scrivere in maniera convulsa sulla sua agenda rossa – ha proseguito il collaboratore dell’allora procuratore aggiunto di Palermo – non so cosa stesse appuntando, ma mi disse, arrabbiatissimo, che ce n’era per tutti e che era finito il tempo di scherzare». Trentadue anni dopo la strage di via D’Amelio, la procura di Caltanissetta ha ripreso queste dichiarazioni e altri tasselli che raccontano dell’allora procuratore della repubblica di Palermo Pietro Giammanco, figura al centro di tante polemiche: in quella drammatica estate del 1992, otto sostituti procuratori firmarono un documento di dimissioni dal pool antimafia in segno di protesta contro il capo dell’ufficio, accusato di non garantire un’adeguata condizione di sicurezza per i magistrati. E lui andò via da Palermo.
