Politica, mazzette e favori così la borghesia mafiosa fa affari all’ombra del potere

Il 2 giugno 2009 gli uomini della guardia di finanza sono appostati davanti alla presidenza della Regione per scattare una sequenza di fotografie: inquadrano Giuseppe Liga, all’epoca un incensurato architetto leader del Movimento cristiano lavoratori, mentre entra a Palazzo d’Orléans per parlare con il presidente dell’epoca, Raffaele Lombardo. Il governatore, in quel momento, non può saperlo, ma l’Architetto di cui parlano i mafiosi intercettati in quei giorni, all’indomani dell’arresto di Salvatore Lo Piccolo, è proprio l’uomo che sta pe sedergli al cospetto: pochi mesi dopo, Liga finirà dunque in galera, e poi al 41 bis, con l’accusa di essere a sua volta un punto di riferimento del clan di San Lorenzo. Sta tutto in questo milieu di borghesia insospettabile, di contatti politici ed entrature — anche in senso letterale — nei palazzi del potere il terreno di protezione nel quale si muove da decenni Cosa nostra, in grado così di portare a termini affari e condizionare l’economia siciliana.