«Quello “ingellato” in discoteca e io in cella»

Un altro pentito che racconta la verità “silenziosa” sull’omicidio del giornalista Beppe Alfano. Ovvero che ad ucciderlo quella sera di gennaio di trent’anni fa, in via Marconi, a Barcellona Pozzo di Gotto, non sarebbe stato Antonino Merlino. Che però sta quasi finendo di scontare la condanna a ventun anni e mezzo come killer riconosciuto per via giudiziaria definitiva. E un’altra udienza da sopportare per la famiglia, fissata il 20 luglio prossimo davanti al gip Claudia Misale, per l’ennesima richiesta di archiviazione, nonostante tutto. Stavolta a parlare è il neo collaboratore di giustizia Salvatore Micale, in un verbale “top secret”. Lo ha fatto nelle scorse settimane davanti ai magistrati della Dda di Messina e ai carabinieri del Ros («… sono a conoscenza di alcuni dettagli sui mandanti e sugli esecutori»). E quelle otto pagine il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e il sostituto della Dda Antonio Carchietti le hanno trasmesse proprio al gip Misale.