Retata antimafia, clan decapitati Affari anche sulla pelle dei migranti.

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Con orgoglio e una punta di snobismo si definivano il «fiore all’occhiello» di Cosa nostra. Fieri dell’osservanza di una ortodossia mafiosa che i palermitani da tempo hanno dimenticato. «La provincia di Agrigento è più seria, i palermitani affidabili non ci sono più. Forse solo a Corleone ci sono persone con la testa sulle spalle, persone che ti dicono una cosa ed è quella», diceva il boss di Bivona Luciano Spoto, non sapendo di essere intercettato, a Giuseppe Quaranta, faverese, messo dagli storici capimafia Fragapane alla guida di un mandamento mafioso enorme che i picciotti chiamano “la montagna”.