Sfigurato dalle raffiche del kalashnikov.

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Francesco Elia non temeva di essere assassinato: il dato emerge con assoluta certezza dall’analitica ricostruzione dei suoi ultimi giorni di vita fatta dai carabinieri del Reparto operativo, guidati dal tenente colonnello Raffaele Giovinazzo e dal maggiore Giuseppe Sacco. Il quarantenne non prendeva precauzioni, era abitudinario e non mostrava timori o particolari preoccupazioni ai familiari. In passato era stato incriminato (e poi assolto) per tentata estorsione e associazione mafiosa perché indicato dalla Dda di Catanzaro come legato alla cosca dei Forastefano di Cassano.