C’è voluto un quarto di secolo per fare luce su mandanti ed esecutori di un delitto che 25 anni fa colpì l’opinione pubblica: l’omicidio di Mico Geraci, sindacalista della Uil, raggiunto da una raffica di colpi sparati da un fucile a pompa. Fu assassinato davanti al figlio e alla moglie, a pochi metri dalla sua abitazione a Caccamo, il paese dove faceva politica lanciando strali contro la mafia. E sarebbe stato proprio il suo impegno nella lotta a Cosa nostra il movente dell’omicidio. A dare l’ordine, secondo l’inchiesta della Dda di Palermo che ha portato alla svolta, sarebbe stato il boss Bernardo Provenzano. Per chiudere la bocca una volta e per tutte a quel sindacalista che voleva candidarsi a sindaco di Caccamo e troppo scomodo per gli affari dell’organizzazione mafiosa, il padrino corleonese si sarebbe rivolto ai boss di Trabia Salvatore e Pietro Rinella, scavalcando il capo mandamento di allora Nino Giuffrè.